mercoledì 29 gennaio 2014

Dall'altra parte del mare

Ci sono due luoghi in cui, e questa è un'opinione condivisa dalla maggioranza della popolazione, si prendono comunemente le decisioni importanti o si fanno grosse scoperte: il letto e il bagno.
Io e il mio letto abbiamo un lungo storico in questo senso, le mie migliori e peggiori decisioni sono state prese lì, esattamente in quel limbo bellissimo e sognante in cui ci si ferma per un po' prima di addormentarsi. Con il bagno in realtà non ho mai avuto un gran rapporto, non è il genere di luogo in cui mi fermo a pensare, figurarsi che non sono neanche il tipo che canta sotto la doccia. 
Faccio tutto in silenzio, sia fuori che dentro: neanche il mio cervello è molto attivo in bagno.

Oggi però, mentre facevo la doccia, mi è venuta in mente una storia.
Chi mi conosce sa che per ora nella vita ho avuto tante passioni, tanti amori e tante infatuazioni, ma ce n'è una in particolare che non mi ha abbandonata mai, la mia "fissa perenne", che è rimasta anche quando fidanzati, amiche e scuole passavano l'una dopo l'altra. Questo amore è così radicato in me che ormai è parte integrante del mio essere, e non mi ero mai fermata a pensare a quando è sbocciato.
Dicevo, oggi sotto la doccia mi è venuta in mente una storia, precisamente una storia d'amore: la mia storia d'amore con l'inglese.
Riflettevo sul fatto che dal mio ritorno dagli Stati Uniti sono passati ormai ben cinque anni (cinque. c-i-n-q-u-e. CINQUE ANNI!) ed io penso, scrivo e soprattutto sogno in inglese. Sempre. Ogni tanto devo fermarmi mentre parlo perchè la parola che voglio dire è in inglese e non sono sicura di come tradurla mantenendo il senso di quello che voglio far capire, ogni tanto la dico in inglese e spero che il mio interlocutore capisca. 
Anche prima di partire per l'anno all'estero facevo tutto quello che mi era possibile fare in inglese: guardare film e serie tv, leggere libri, parlare con la gente. Sono sempre stata così: pazza per l'inglese.
Però prima delle serie tv in inglese, prima del mio anno in Oregon, prima delle canzoni di Eminem imparate a memoria, c'è una storia:
la storia di una bambina di 11 anni di fronte al mare.

C'era una volta una bellissima spiaggia da qualche parte nel nord del Belgio, e c'era un'undicenne con la testa perennemente tra le nuvole che era andata in vacanza in Belgio con i suoi genitori e si era fermata, alle nove di sera, su una spiaggia deserta, perchè le avevano promesso che dall'altra parte del mare si sarebbe intravisto qualcosa.
Allora io, quell'undicenne, sono corsa come una pazza sulla spiaggia. Era dicembre, facevano meno cinque gradi e tirava un vento talmente freddo che avevo perfino i denti gelati. Era buio pesto e in spiaggia non c'era nessuno, ma andavo tranquilla perchè mamma e papà mi guardavano da qualche metro di distanza, vicino alla macchina. 
Ho fissato l'orizzonte con talmente tanta intensità che hanno iniziato a lacrimarmi gli occhi. Forse, adesso che ci penso, mi lacrimavano per il freddo. Comunque, dall'altra parte non si vedeva niente, solo mare nero e piatto che si confondeva con un cielo nero e senza stelle. Sono rimasta lì per cinque minuti, continuando a guardare.
Poi l'ho visto. 
Non so se ci sia stata una folata di vento che ha mandato via la foschia, o se i miei occhi si erano abituati all'oscurità e finalmente hanno individuato qualcosa, però c'era: vedevo le luci, vedevo la costa in lontananza. L'Inghilterra era lì di fronte, dall'altra parte del mare.
E già a undici anni io volevo spogliarmi, entrare in acqua ed iniziare a nuotare. Volevo andare, andare , dove si parlava inglese, perchè per me quella era la terra promessa (o come ho pensato guardandola: the promise land). 

Sono passati altri undici anni da quel giorno, ormai ho il doppio dell'età che aveva quella bambina che guardava le luci dall'altra parte del mare. Quella bambina - e lo dico provando un moto d'orgoglio - continua a sussurrarmi i suoi sogni ogni giorno, tra tutti quello che vuole andare lì, proprio , dove vedeva le luci: to the promise land.
Nel frattempo ho realizzato il mio sogno americano, ho perfezionato la lingua, ho (quasi) preso una laurea. 
Ma sono sempre rimasta un po' quell'undicenne che guarda dall'altra parte del mare.