martedì 26 agosto 2014

Meno uno

Avevo programmato questa serata con attenzione da mesi: sapevo che avrei passato la vigilia del mio rientro a casa a letto, con un buon film, a farmi almeno 9 ore di sonno meritatissimo.
Non è andata proprio così.

La prima cosa che ho fatto appena tornata dal lavoro è stata riprendere il mio coinquilino per la sua Ice Bucket Challenge. Poi è arrivato il momento di cenare, che in questi casi equivale a finire qualsiasi tipo di cibo ancora commestibile che potrebbe andare a male prima del mio rientro. Ho cenato con un filone di pane.

Qualche imprevisto e due mal di testa dopo, ho ceduto: ho fatto pace con il fatto che la vigilia del mio rientro non sarebbe andata come avevo immaginato. Mi sono versata un bicchiere di Malibu (che poi sono diventati tre) e mi sono detta che tanto, una notte insonne in più o una in meno, non fa molta differenza.

Il mio lato ossessivo-compulsivo ha iniziato a farsi sentire. Presa dal panico, ho ricontrollato la valigia. Tra le cose che rischiavo di dimenticarmi c'erano il caricabatterie del telefono, il libro che sto leggendo e il mio discorso per il matrimonio. Ho telefonato al taxi che mi viene a prendere domattina alle 6, per confermare che mi sarebbe venuto a prendere domattina alle 6. Ho ricontrollato la valigia, e tra le cose che rischiavo di dimenticarmi stavolta c'erano le cuffiette. Ho bevuto un altro Malibu.

Ore 23:40.
Seduta di fronte al computer, moderatamente brilla.
In pigiama, con la stessa vitalità di un koala morto.
Stanca come se avessi lavorato 16 ore, avendone lavorate 9.
Emozionata. 


domenica 24 agosto 2014

#ASLIceBucketChallenge - ogni tanto chiediamoci il perchè



Il telefono comincia a squillare a raffica, sono tre persone diverse che, dopo aver visto il video della mia Ice Bucket Challenge, chiedono: "Ma hai donato?"

Poi iniziano a spuntare su facebook status passivo-aggressivi di gente che si chiede perchè uno dovrebbe vuotarsi una secchiata d'acqua gelata in testa per fare beneficienza. Non sarebbe meglio fare una donazione?

Se la gente ci è o ci fa, io non lo so.
So che a me l'iniziativa mi è piaciuta da subito, perchè avendo le orecchie ho ascoltato quando chi la faceva, prima di versarsi l'acqua addosso, ne spiegava la causa.

L'Ice Bucket Challenge è un'iniziativa promossa dalla ALSA, un'associazione fornisce sostegno e fondi ai malati di SLA, che sta per Sclerosi Laterale Amiotrofica. Quando scrivono #ALSIceBucketChallenge, l'ALS davanti non sta lì per bellezza, e scusate per la confusione.

E' iniziata come un modo per far conoscere alla gente la malattia e le associazioni che se ne occupano, perchè versarsi del ghiaccio sulla testa è quanto più vicino un essere umano sano possa arrivare a capire come si sente quotidianamente un malato di SLA. Il concetto è che, dopo essere stati nominati, si deve fare una donazione oppure versarsi una secchiata d'acqua ghiacciata addosso. Ovviamente fare entrambe le cose è non solo la soluzione più divertente, ma è anche quella più accattivante: grazie a questa iniziativa la ALSA ha raccolto 53 milioni di dollari nell'ultimo mese. L'anno scorso, senza l'Ice Bucket Challenge, erano stati appena 2 milioni.

Ecco una lista di alcuni personaggi celebri (tutti stupidi, ovviamente) che hanno partecipato e donato grazie alla Ice Bucket Challenge: Bill Gates, Chris Martin, Charlie Sheen, Ben Affleck, Oprah Winfrey, Patrick Stewart, Novak Djokovic, Gerard Pique, Hugh Jackman, Taylor Swift, Gwyneth Paltrow, Mark Zuckerberg.

Tutti stupidi, che si tirano le secchiate d'acqua in testa perchè non hanno niente di meglio da fare.
Però è bello sapere che c'è ancora tanta gente a cui piace andare controcorrente solo per il gusto di farlo, di poter dire "ah, a tutti piace questa cosa, ma io la penso diversamente perchè non sono mainstream". E' che sarebbe bello se ogni tanto queste belle persone si documentassero prima di parlare, così almeno sarebbe una discussione sensata e ad armi pari e non soltanto un lamentarsi senza fine.

Qua sotto c'è un signore che la Ice Bucket Challenge l'ha fatta come un vero gentleman:


Invito i miscredenti a riconsiderare, e a tirarsi una benedetta secchiata d'acqua in testa, anche solo per il gusto di farlo.
Invito tutti quanti ad andare su http://www.alsa.org/donate/, secchiata d'acqua o no.

lunedì 18 agosto 2014

Shake It Off - 4 minuti di invincibilità

Oggi, mentre io correvo su e giù per il negozio e il lavoro assorbiva il 135% dei miei pensieri, Taylor Swift ha annunciato ufficialmente il nuovo album e pubblicato, a sorpresa, il primo singolo estratto.

Sono tornata a casa, sono andata in palestra, ho cenato con tutta calma, preparato il pranzo per domani, chiacchierato con i coinquilini. Ignara di tutto.
Poi mia sorella mi ha ricordato che diecimila chilometri non sono niente se si parla di Taylor Swift.



Sono passate due ore e mezzo. Sto ancora guardando il video.

Taylor Swift ha un potere particolare: mi legge nel pensiero.
Riesce a scrivere canzoni che mi dicono esattamente quello che ho bisogno di sentirmi dire.

Quando ero in America, durante l'anno più bello della mia vita, lei ha scritto "Fearless". Quando mi serviva il coraggio per finire una storia che avevo trascinato per le lunghe, lei ha scritto "Breathe". Quando l'adolescenza finiva e tutto faceva paura, lei ha scritto "Never Grow Up". Quando mi sentivo a terra e mi sembrava di non valere nulla, ha scritto "Mean". Quando volevo libertà, ha scritto "We Are Never Ever Getting Back Together". 
Quando ho fatto 22 anni, Taylor Swift ha scritto "22".

Adesso Taylor Swift ha scritto "Shake It Off".
Io avevo bisogno di leggerezza. Avevo bisogno di tornare un po' me stessa. Volevo sentirmi per qualche minuto ancora quella neo-ventenne che passa la notte a leggere e poi la mattina è uno straccio. Quella che fa battute nerd che nessuno capisce, che passa tre ore al telefono con le amiche senza dirsi assolutamente niente. Volevo essere ancora la ragazzina che balla (male) come se nessuno la stesse guardando. Sento la mancanza delle risate non giustificate, degli amici che stanno dalla mia parte anche quando ho torto, della sicurezza delle quattro mura della mia stanza.
Di provare tutte queste cose, forse, non me n'ero neanche accorta.



Ho messo le cuffiette e ballato (male) come se nessuno stesse guardando.
Ho di nuovo sedici anni.
Qualsiasi cosa mi dicano, non mi tocca. 
Proviamo?

Domani al lavoro passa l'area manager a fare l'ispezione, quindi vai al lavoro un'ora prima per mettere a posto tutto quello che le colleghe non sono riuscite a finire di fare.
I'm just gonna shake it off.
Sono quattro mesi che non vedi i tuoi amici e mancano ancora ben nove (quasi otto) giorni al tuo rientro a casa.
I'm just gonna shake it off.
Il trasloco - anche solo il pensiero del trasloco - è una grandissima rottura di coglioni.
I'm just gonna shake it off.
Tua madre ti ha gentilmente consigliato di andarti a fare una lampada altrimenti al matrimonio sembrerai la sorella albina dello sposo marocchino.
I'm just gonna shake it off.
Entri al lavoro, un sole che spacca le pietre. Esci dal lavoro, il diluvio universale.
I'm just gonna shake it off.
Non sai cantare, sei stonata come una campana struppia, e di ballare manco a parlarne. Dovresti seriamente iniziare a considerare l'idea di cantare in playback e evitare i balletti ad ogni costo.
I'm just gonna shake it off.
Pesi sempre 5kg in più di quello che vorresti.
I'm just gonna shake it off.
E' mezzanotte e mezza e tu balli come una cretina, voglio vedere domattina alle sette quanto sei pimpante.

Cause the players gonna play play play play play
and the haters gonna hate hate hate hate hate
and I'm just gonna shake shake shake shake shake
shake it off, shake it off.

(Io che ballo)






sabato 16 agosto 2014

Mr. Rochester

Ne ho appena scritto anche qui, ma essendo ReadWave un sito serio non mi era possibile esprimermi con tutta la veemenza che l'argomento richiede.

Ho letto Orgoglio e Pregiudizio. A quasi 23 anni. Sì, lo so che è una vergogna. 
Avevo visto il film (l'ultimo, quello con Keira Knightley e Matthew McFayden) un centinaio di volte, la storia la conoscevo bene. Personalmente, ho sempre adorato Mr. Darcy. 
Quei suoi sguardi indecifrabili, le risposte enigmatiche, la franchezza e l'umiltà con cui si dichiara a Lizzy Bennett alla fine di tutte le loro vicissitudini... Darcy è davvero un uomo da sposare.

Se non fosse che poi ho letto il libro e, be', mi sono ricreduta.
Mr. Darcy è una femminuccia.
Non è come me lo immaginavo io, tenebroso, imprevedibile e un po' stronzo (nel senso buono, quel genere di stronzo che a noi donne sembra piacere tanto). Il Fitzwilliam Darcy di Jane Austen è snob, passivo e pure un po' testadecazzo.
In due parole: sogno infranto.

Una volta finito Orgoglio e Pregiudizio ho deciso di continuare con l'ambito, e quindi ho fatto una veloce ricerca su internet per capire cosa leggere dopo. Ho trovato, con mio grande stupore, una comunità di gente che non sopporta tutta questa riverenza nei confronti di Mr. Darcy (ho addirittura pensato di farci un business: magliette cappellini con su scritto "Mr. Darcy is a pussy") e che preferisce altri personaggi della letteratura inglese di quel periodo. Tra tutti, il nome di Mr. Rochester era ricorrente. Mi sono fidata.

Essendo però le undici di sera, non potevo uscire e andare a comprare Jane Eyre in quel momento, quindi ho fatto una cosa che non faccio mai: ho visto il film prima di leggere il libro.
Ero curiosa, era tardi, il film era recente... mi sono detta "perchè no?" e l'ho messo a caricare.

Il film è del 2011, la regia di un certo Cary Fukugama, e la protagonista è Mia Wasikowska (già vista in "Alice in Wonderland" di Tim Burton). Di Mr. Rochester non sapevo assolutamente niente. 

Questa è stata la mia reazione quando ho visto che lui, quello che avrebbe definitivamente dato un signor calcio in culo a Mr. Darcy, era interpretato da nientepopodimenoche Michael Fassbender:



Il giorno dopo sono andata a comprare Jane Eyre, il libro.
Divorato. 

Finalmente posso dirlo con cognizione di causa: Mr. Darcy è na pippa. Un niente, uno zero cosmico, un coglioncello in confronto a Mr. Rochester.
Rochester, che nella vita ha fatto errori su errori ma che ce la mette tutta per farsi perdonare. Rochester, che nonostante tutto non si perde mai d'animo e professa i suoi sentimenti senza paura nè orgoglio. Rochester, che non si fa pregare mai e che parla senza peli sulla lingua.
Rochester, l'uomo perfetto.
Altro che Fitzwilliam Darcy.

C'è da puntualizzare che il fatto che ormai io me lo immagini con la faccia di Fassbender ha aiutato. 

"Oh, help me God."


domenica 10 agosto 2014

Approcci maldestri di britannici sterotipati


Londra, da me soprannominata "no good-looking men's land", non è famosa per la sua alta concentrazione di bei ragazzi. Ero io quella che, prima di partire, si rincuorava dicendosi "ma sì, tanto a me sono sempre piaciuti un po' pallidi, con l'aria malaticcia, quindi a Londra non avrò problemi" (e segretamente poi mi raccontavo che se l'Inghilterra è riuscita a produrre uomini del calibro di Tom Hiddleston e Kit Harington, qualche figo da qualche parte dovrà pur esserci).

Dopo tre mesi qui, ho capito che mi sbagliavo. Non ci sono uomini, a Londra. 
Se avete mai visto Sex and the City ricorderete l'episodio in cui Samantha si lamenta della scarsezza degli uomini a New York, proponendo addirittura di ribattezzarla "Same York". Ecco, se Samantha Jones avesse abitato a Londra se la sarebbe data a gambe tempo fa, imbarcandosi perfino sul Titanic pur di scappare da quest'isola.

Ma la parte veramente triste di tutta questa ristrettezza di uomini è che quei pochi che ci sono, forti della loro esclusività, si sentono in diritto di approcciare qualsiasi ragazza vivente con tattiche che lasciano un po' a desiderare. Non lo dico perchè penso di essere particolarmente carina o di meritare in qualche modo le loro attenzioni, qui è più una cosa alla "ndo cojo cojo". Ad esempio:


Sabato, ore 13,30, Covent Garden
La sottoscritta si è scordata il pranzo a casa ed esce con cipiglio scuro (dicesi anche "rodimento di culo") dal supermercato, mangiando una barretta energetica appena comprata a grandi morsi.
"Scusa, tu!"
Qualcuno mi bussa sulla spalla, mi giro e vedo sto tipo, tutto trafelato, che ce l'ha proprio con me. Io, che c'ho la bocca piena di barretta energetica.
"Scusa, magari ti potrà sembrare un po' strana come cosa, ma ti ho visto passare e penso che tu sia molto carina"
(Nota del traduttore: ha detto proprio "cute". Che, per chi non lo sapesse, si usa maggiormente per descrivere acconciature, motivi floreali su carta da parati e cuccioli di San Bernardo. Non è proprio sto grandissimo complimento.)
Io, nel frattempo, continuo a masticare la mia barretta energetica.
Lui mi guarda aspettandosi una risposta.
Provo a parlare, ma finisco per sputacchiare pezzi di cereali da tutte le parti.
"Oh scusa, stai mangiando! Va bè, aspetto che finisci."
Ah, mica ti levi dalle palle, mi guardi masticare un boccone incredibilmente grande di barretta energetica con un sorriso ebete sulla faccia. Ottima mossa!
A fatica, deglutisco.
"Grazie" sorrido, e faccio per andarmene.
"Di dove sei?"
Perchè che io non sia inglese si vede lontano un miglio, e il mio "thank you" deve aver tradito un qualche accento.
"Italia"
"Sei italiana?" chiede incredulo "Ma sei così pallida!"

Emma riassume benissimo ciò che avrei voluto dire.


Continuo a sfoderare un sorriso educato mentre nella mia mente ho già elencato tre modi per ucciderlo. Vorrei fargli notare che dire a una ragazza che è pallida non è proprio una grande scelta, se stai cercando di rimorchiarla, ma riesco a contenermi.

"That's because I live in fuckin London."

Devo essere diventata brava a sorridere anche mentre dico cose terribili, perchè lui non fa una piega. Anzi, insiste. "Secondo te io di dove sono?"

Lo guardo bene, e capisco che ho trovato il primo essere umano che raccoglie tutti i possibili stereotipi negativi sui britannici:

  • barba e capelli rossi,
  • denti storti, ma storti veramente (e penso che ne manchino anche un paio)
  • totale mancanza di contatto visivo mentre mi parla
  • fa tanto lo spiritoso e cerca di farlo passare per sarcasmo, ma in realtà è semplicemente stronzo.


"Irlandese."

"Wow, sei brava a questo gioco!"
"Grazie." la mia faccia ormai è paralizzata nel tenere così a lungo la stessa espressione, il cosiddetto sorriso di cartongesso. Gli lancio un'ultima possibilità. "La mia band preferita è irlandese."
"Davvero? Chi?"
"Gli U2"
"Mmm, si... Io però non sono tanto un tipo da musica".

Se con il "sei così pallida" aveva perso punti, ora siamo arrivati proprio a livelli irrecuperabili. 
Ho cercato di svignarmela il prima possibile (e ci ho messo cinque minuti buoni).

Adesso, io dico, ma ve pare normale?
Capisco le differenze culturali, capisco i miei pregiudizi, però loro ce la mettono proprio tutta per meritarsi le prese in giro! In quale cultura dire a una ragazza che è pallida (e affermare "I'm not much of a music guy" di fronte a una che ti ha appena detto che le piacciono gli U2) è considerato efficacemente "provarci"?

Liberatami finalmente del fratello irlandese di Gargamella, mi avvio con il mio tramezzino e il resto della mia barretta energetica verso Seven Dials, una specie di monumento al centro di Covent Garden che è anche l'unico posto per sedersi in tutto il quartiere.
"Scusa, miss!"
Ecchecc...
Sfodero il mio fidato sorriso di cartongesso a tre ragazzi vestiti da TruceKlan con tanto di cappelletto, età indefinita tra i 15 e i 20 anni (e so che qualcuno dirà "proprio la fascia demografica che piace a te!" Ah. Ah. Ah. Grasse risate.)
"Dov'è Covent Garden?"
"Ci siete dentro."
I tre si guardano intorno, perplessi.
"Ma non c'è nessun giardino" obietta uno.
"Infatti "Covent Garden" è il nome della zona".
"Ah..." il tipo ci pensa un attimo, poi attacca: "Ma tu di dove s..."
"Gotta go. Bye!"






giovedì 7 agosto 2014

Mery Goes to Yoga

A tre mesi precisi dal mio arrivo in terra inglese, oggi inizio a sentirmi un po' più me.
Perchè io, amante della routine e degli orari prestabiliti al punto di essere sempre 3 minuti in anticipo a qualsiasi tipo di appuntamento, finora avevo fallito miseramente nel trovare la mia dimensione qui, a Londra.
In tre mesi non c'è stato un giorno in cui io sia uscita di casa sapendo come sarebbe andata la mia giornata o a che ora sarei rientrata. Questo ha causato non pochi squilibri al mio sistema nervoso, a cui piace tanto sapere le cose, così si regola di conseguenza.
Quando finalmente ho iniziato a lavorare, la bellezza di quattro giorni fa, è stato inevitabile riprendere il controllo di me stessa e ritagliarmi una sorta di routine. Non posso farci nulla, a me la routine piace, ci si sta bene dentro e mi fa pure sentire parecchio tranquilla.
Dal primo giorno ho iniziato a prepararmi i vestiti per il lavoro la sera prima, e a metterli sulla sedia, così evito di svegliare mezza casa mentre impreco la mattina perchè non ho niente da mettermi.
Dal secondo giorno ho iniziato a cucinare il pranzo per il giorno dopo, così non passo quaranta minuti della mia ora di pausa pranzo in fila da Marks & Spencer. E spendo meno.
Dal terzo giorno, mi sono iscritta in palestra.

Dopo tre mesi di burro d'arachidi, frappuccini e plum cake inizio a sentire il bisogno di portare le mie regali chiappe su un tapis roulant e bruciare qualche caloria. 
La mia palestra si chiama EasyGym (stesso font di EasyJet, stesso colore di EasyJet, stesso stile di EasyJet... salta fuori che è della stessa compagnia di EasyJet), e mi sono iscritta da casa per la modica cifra di £30, che comprendono accesso illimitato alla palestra e ai corsi, prenotabili online.
Io, fomentatissima e ansiosa di cominciare, cerco subito corsi per iniziare già oggi. Ce n'era solo uno ancora disponibile: yoga.
Mmmm.
Non era esattamente il corso faticoso e spossante che avevo in mente, ma va bene, magari miglioro un po' la flessibilità. 

Quindi oggi mi sono armata di buona volontà e sono andata in palestra a fare yoga.
La palestra è fichissima. Tre piani, decine di tapis roulant, cyclette e macchine, sala pesi gigante e spogliatoi fantastici. Per non parlare della vista bellissima, si vede tutta Londra, fino allo Shard. Questo lo so perchè la lezione di yoga era prevista per le 12:30, ma io ovviamente sono arrivata in palestra alle 12:08.
Dieci minuti prima dell'inizio della lezione mi convinco che è finalmente l'orario giusto per entrare nell'aula. Ci sono già tre persone, tutte donne, che fanno dei movimenti strani sui loro tappetini, tutte scalze.
Panico. Yoga si fa scalzi? Ma è igienico?!
Piano piano l'aula si riempie. Conto dieci, quindici donne. Nessuna di loro sembra avere i corpi snelli e flessuosi che mi immagino quando penso a una persona che pratica regolarmente yoga. Alcune stanno messe sensibilmente peggio di me. Alla fine, guardandosi intorno un po' impaurito, entra un uomo.
Classico inglese pallido di età compresa tra i 38 e i 45 anni. Le mie compagne di corso lo guardano con compassione.
"Si è perso? La sala pesi è di sopra." spiega una con fare comprensivo.
L'inglese pallido continua a guardarsi intorno per qualche secondo, poi finalmente parla.
"Qui è yoga, giusto?"
Tutte sorridono emozionate. Indovino che sia il primo uomo che abbiano visto entrare nell'aula di yoga da quando (mi dicono) è venuto uno dell'impresa di pulizie ad asciugare il pavimento allagato. E annamo bene.

L'inglese pallido diventa il mio vicino di tappetino, e sedendosi mi lancia una smorfia un sorriso tipicamente inglese che tradotto in parole diventerebbe qualcosa come "sono inglese, ergo sono fisicamente incapace di provare emozioni e quindi un vero sorriso è inconcepibile per la mia cultura".

L'istruttrice arriva, ci togliamo le scarpe (ahimé) e ci chiede di sdraiarci e "rilassarci per qualche secondo prima di iniziare la lezione".
Alzo scetticamente un sopracciglio. Lo sapevo che era una perdita di tempo, avrei dovuto aspettare domani per segnarmi a Insane Body Combat, altro che yoga.
Al rilassarsi qualche secondo, però, non si dice mai di no, quindi mi sdraio tranquilla.
L'istruttrice ci chiede di chiudere gli occhi e immaginarci su una spiaggia ai Caraibi, e io capisco subito che sta cercando di farci capire che se vogliamo avere il fisico giusto per stare sdraiate su una spiaggia ai Caraibi senza vergognarci dobbiamo lavorare sodo, quindi ci sta motivando per farci fare un'ottima lezione! Che genio questa donna, gli inglesi stanno avanti.
Lei continua: "ora immaginate di uscire dal vostro corpo, voi non siete il vostro corpo..."
Aspetta...
Eh no.
Allora non ci sta motivando. E' solo matta! Cioè io vengo in palestra per migliorarlo, il corpo, e tu mi dici di uscirne?

Alzo anche l'altro sopracciglio e provo a meditare (sì, ha veramente detto "meditare") per cinque minuti.
Ecco un elenco di cose a cui ho pensato mentre "meditavo":

Ma per "meditare" si intende "dormiveglia"?
Chissà se alle macchinette qui fuori vendono la Red Bull.
Se sta lezione è tutta così scrivo una lettera al presidente della palestra dicendogli che se vuole far passare sta cosa per "palestra" farebbe meglio ad aprire un coffee shop con musica new age e tipi con i rasta e organizzarci un paio di sessioni di yoga misto canne alla settimana.
Ma la gente, che fa quando medita? Cioè, non pensa proprio? Mesà che è davvero come il dormiveglia.
Se l'inglese pallido si addormenta e russa giuro, me ne vado.

"Ok, tutti pronti?"
L'istruttrice mi riscuote dalla mia profonda meditazione ed inizia quella che sarà una delle lezioni in cui ho sudato di più in vita mia. Le signore con il corpo non snello che dicevo prima, le mie compagne di corso, hanno sfoderato una flessibilità serpentesca contraendosi in modi che, sono sicura, il mio corpo non è fisicamente in grado di riprodurre. Io ero quella sul retro dell'aula con la faccia paonazza e la maglietta fradicia. Sono caduta due volte. Letteralmente. Nel senso che ero in una posizione talmente precaria che il mio equilibrio (già di per sé molto scarso) non ha retto e sono finita con la faccia per terra.
Magra consolazione: l'inglese pallido è caduto almeno quattro volte, la medaglia è sua.
Ad un certo punto l'istruttrice mi ha gentilmente permesso di mantenere la mia posizione semplice mentre il resto della classe faceva una cosa con un nome strano (ah, ecco, ogni posizione ha un nome, e queste se li ricordano tutti!) che io ero palesemente non in grado di fare.

A fine lezione sono scappata dall'aula più per la vergogna che per altro.
Mentre tornavo a casa, però, mi sono sentita veramente bene. Non soltanto perchè la mia vita sta riprendendo una sorta di routine e questo mi piace, ma anche fisicamente. 
Sarà che sta lezione di yoga mi ha pulito il chakra? (Che poi... qualcuno sa cos'è sto chakra?)

Fatto sta che mi sono iscritta anche alla prossima lezione di yoga.
E anche di Body Combat e Body Pump, per non farmi mancare niente.
Tanto è gratis!