lunedì 28 aprile 2014

Un tipo forte


C'era una volta una ragazza che pensava di poter fare tutto.
Tranne i calcoli, s'intende. In realtà tutto tranne qualsiasi cosa che abbia a che fare con matematica, chimica, fisica e scienze, basti pensare che per capire la differenza di fuso orario da Londra a Roma ci sono volute circa due ore (Londra sta un'ora indietro, comunque, non era poi tanto difficile).

Alla suddetta ragazza piaceva mettersi alla prova, ogni tanto, giusto per confermare che volendo avrebbe potuto fare tutto.
Le venivano in mente le cose più strane: trasferirsi per un anno dall'altra parte del mondo, leggere "Il Signore degli Anelli" in meno di due giorni, provarci con un ragazzo bello e fuori dalla sua portata.
Ogni nuovo traguardo veniva conquistato, e questo non faceva che rafforzare la sua convinzione di essere onnipotente.

Lei disse che si sarebbe laureata.
Lei disse che si sarebbe trasferita.

Lei si rese conto che a 22 anni aveva costruito una quantità infinita di aspettative. Capì che prima o poi (prima) arriva il momento in cui le cose dette vanno fatte, e che non sono più cose relativamente facili in cui altri sono strettamente coinvolti in modo da poterli incolpare nel caso si fallisse. Arriva un giorno in cui non c'è più nessuno da incolpare se le cose vanno male, se non la persona nello specchio. Arriva un giorno in cui bisogna tirare fuori le unghie (o le palle, a seconda di quanto si è grevi e sboccati nella vita) e andarsi a prendere quello che si vuole perchè c'è una convinzione di fondo che ci dice che possiamo, , volendo possiamo

La ragazza in questione iniziò ad avere paura.
Si svegliava la notte ed elencava nella sua testa tutti i modi in cui le cose avrebbero potuto andare male e lei avrebbe miseramente fallito. Contava sulle dita delle mani tutte le cose che aveva da perdere e le sembrava inconcepibile la sola eventualità che potessero veramente non esserci più.

La ragazza realizzò che il "poi" del "prima o poi" era arrivato, prima del previsto.

Però lei era un tipo forte: invece di crogiolarsi nei dubbi e nelle paure ha acceso il computer e ha iniziato a scrivere.

martedì 15 aprile 2014

Il momento che passa

Ho sempre amato i proverbi, le frasi fatte, e anche qualche cliché. Perchè secondo me se certe cose si dicono da generazioni e si dicono così spesso, un fondo di verità deve esserci per forza. Ad esempio è scientificamente provato che "a Pasquetta piove sempre", o che "cielo a pecorelle, pioggia a catinelle", o per uscire dall'ambito meteorologico: "chi tardi arriva male alloggia" e "chi ha il pane non ha i denti". Tutte cose innegabili, proprio sante parole, assolute verità.

La mia preferita viene (una cosa nuova) dalla cultura americana: "you don't know what you've got until it's gone". Non sai quello che hai finchè non se n'è andato, finchè non lo hai più. Parafrasando, apprezziamo quello che avevamo soltanto quando ci viene tolto. 
Per questo motivo i nostri genitori, i nostri fratelli maggiori, i nonni e gli amici ci dicono sempre di goderci il momento: perchè poi passa. Un giorno c'è, il giorno dopo chi lo sa; poi magari diventiamo nostalgici e vorremmo tornare indietro per apprezzare tutto con l'intensità che avrebbe meritato, perchè in quel momento eravamo troppo occupati/distratti/disinteressati/persi per vederlo. 

Qualche giorno fa sono andata ad un diciottesimo, una festa bellissima. Io, prossima al ventitreesimo, avrei voluto tornare indietro e rivivere non solo il mio diciottesimo, ma anche quello di tutti i miei amici. Tutti quelli che mi sono persa perchè ero in America, tutti quelli che non ricordo con lucidità, tutti quelli che non mi sono goduta perchè ero troppo occupata/distratta/disinteressata/persa. 
Il vero trauma è stato realizzare che il periodo dei diciottesimi passa. Arriva l'estate della maturità, e passa. Ecco il momento delle lauree, e passa. Un giorno vivremo il periodo dei matrimoni, e passerà anche quello. E in men che non si dica non saremo altro che un gruppo di amici che hanno tante storie da raccontare e poche da vivere. 

A me queste storie non bastano, ne voglio ancora, ne voglio di più.

Sono un paio di sere che, mentre rido e bevo in compagnia degli amici, mi fermo per un secondo e penso che tra tre settimane mi trasferisco e loro non si immaginano neanche quanto mi mancheranno. E' uno di quei rarissimi momenti di lucidità in cui il detto "you don't know what you've got until it's gone" non vale più, diventa una bugia, perchè si riesce benissimo ad assaporare il momento ed è incredibilmente chiaro che è uno di quelli che vogliamo ricordare, un giorno questo bel momento sarà un bel ricordo, perchè anche lui passerà. Però adesso è ancora qui, lo stiamo vivendo, non se n'è ancora andato. 

Riempiamolo di cose, questo momento. Mettiamoci tutto quanto, tutto insieme, senza distinzioni. Facciamo un pot-pourri di esperienze: belle, brutte, traumatiche, inaspettate, disarmanti. Facciamo tutte le scelte sbagliate e poi ridiamone. Stringiamoci sempre un po' più forte, che dicono che poi ci si perda.

Questo conto alla rovescia voglio trasformarlo in una maratona.