martedì 29 ottobre 2013

Qualcosa


Avevo nove anni quando ho deciso che sarei andata negli Stati Uniti per un anno.
Ne avevo quasi diciassette quando sono partita.
Tra la decisione e il fatto compiuto sono passati la bellezza di sei lunghi, lunghissimi anni, in cui sono cresciuta, ho cambiato molte scuole e molti amici, in cui sono successe tantissime cose. Sei anni pieni di vita, eppure sei anni in cui ogni giorno aveva qualcosa in comune con quello precedente e quello successivo: per tutto quel tempo quando veniva il momento di andare a dormire io chiudevo gli occhi e sognavo come sarebbe stata la mia vita negli Stati Uniti.

Era quel qualcosa che ognuno di noi ha: quell'immagine, quel desiderio, quel sogno che ci fa fantasticare prima di addormentarci e che ci permette di svegliarci un po' più pronti ad affrontare un altro giorno, perchè siamo un po' più vicini al nostro sogno. Sognare l'America era il mio qualcosa, lo è stato per tanti anni.
Quando finalmente la mia avventura iniziò, quel bellissimo 14 agosto 2008, il qualcosa fu una delle pochissime cose che portai con me oltreoceano. Durante quell'anno all'estero sognavo come sarebbe stato tornare a casa: rivedere la mia famiglia, dormire di nuovo nel mio letto, mettere in pratica tutto quello che avevo imparato. 

Dopo lo stress di un viaggio lungo quasi 48 ore, le lacrime per aver dovuto lasciare la mia famiglia americana ed i miei nuovi amici e l'emozione nel rivedere quelli vecchi e i volti sorridenti dei miei genitori, l'11 giugno del 2009 sono tornata a casa. Ho mangiato un bel piatto di pasta, passato del tempo con le persone care e disfatto la valigia. Quando il fuso orario me lo ha permesso sono andata a letto.
La sensazione di smarrimento ha fatto scattare un campanello d'allarme nella mia testa, ho spalancato gli occhi e ho capito immediatamente: quel qualcosa non c'era più.
Avevo realizzato il mio grande sogno, ero andata ed ero tornata indietro, ed era stato meraviglioso, ma come ogni cosa meravigliosa mi era costata cara: mi era costata il mio qualcosa. 

Improvvisamente non avevo più un progetto, niente che mi spronasse a lavorare di più, niente che mi motivasse ad andare avanti. Mi sentivo come un cucciolo abbandonato al lato della strada, senza sapere da che parte andare. Non avevo più uno scopo.

Da quando sono tornata dall'America il mio approccio al sonno è cambiato, forse anche a causa dell'assenza di quel qualcosa. Vado a letto soltanto se sono stanca, mi addormento sempre più spesso sul divano, cerco di non dormire da sola. Sentire il vuoto dentro prima che sopraggiunga il sonno mi terrorizza.

Poi l'altro giorno ho messo via il cellulare, chiuso il libro e spento la luce. Mentre, stanca, ero proprio ad un passo dal cadere nelle braccia di Morfeo, un'idea audace ed inaspettata si è infilata nella mia testa. All'inizio era solo un sussurro spezzato dalla paura, poi è cresciuto fino a diventare sicuro, come un urlo, come una scritta su un muro, come una scelta.

Quando andiamo a dormire abbiamo tutti bisogno di ricordarci di un buon motivo per svegliarci il giorno dopo. A tutti noi serve quel qualcosa per il quale vivere, respirare, mangiare, lavorare, sudare e crescere.
Il mio è tornato forte come un tempo ed è, di nuovo, colorato di bianco, rosso e blu.



                                           ph credits: societykilledtheinnocent.tumblr.com

lunedì 7 ottobre 2013

Guida all'autocompassione 1.0

Come ogni donna degna di questo nome, quando non so bene cosa fare faccio delle liste.
Siccome è un periodo di transizione in cui si alternano periodi di grande caos a periodi di calma piatta da sbattere la testa al muro per la noia, non ho ancora ben capito come mi sento.
So here we go.

Note positive:

  • Mi manca un solo esame alla laurea. 
  • Posso ricominciare a perdere tempo, e questa è una cosa bellissima! Non che prima non lo facessi, soltanto che sentivo sempre il morso dell'angoscia mentre facevo qualcosa di diverso dallo studio. Quindi in sintesi ora posso continuare a perdere tempo, però senza sentirmi in colpa.
  • Il concerto dei Blue.
  • Il concerto di Taylor Swift. Quando? Dove? Tutte incognite. Io ci sarò. Ho una tradizione da portare avanti.


Note negative:

  • Quell'unico esame che mi manca alla laurea... è l'esame di latino.
  • Dire che sono stressata e impaurita per la tesi è riduttivo.
  • Dire che sono terrificata dai cambiamenti che ci saranno non appena mi sarò laureata è proprio l'eufemismo del secolo. Espatrio? Dove vado? E se poi non sono capace a fare un cazzo? ARGH.
  • I biglietti per il concerto dei Blue non lo ho effettivamente ancora presi.
  • Ah, e al concerto di Taylor Swift probabilmente ci vado da sola. Che gioia.



Negativo batte positivo 5 a 4.
Quindi direi che se per qualche giorno decido di crogiolarmi nella dolce malinconia di essere una quasi-laureata/quasi-expat/molto terrorizzata, potrei uscirne rinvigorita e piena di energie per iniziare a fare progetti.

Anche perchè essendo donna e degna di questo nome, non ho mai - e dico mai - preso una decisione basata sull'esito di una lista.