domenica 29 marzo 2015

Adesso

Grazie a tutte le cose che condividiamo ogni giorno a volte penso che tutti mi conoscano, che sappiano chi sono e come sto, o che almeno capiscano come mi sento.
Mi dimentico che l'empatia arriva fino ad un certo punto e che la gente ascolta per rispondere, non per comprendere. Poi le parole volano come se non avessero un peso, si alzano le voci, ed io improvvisamente mi rendo conto che c'è chi non si immedesima, c'è chi non sa.
E allora io provo a spiegarlo.


C'è un peso, sostenibile ma dolorosamente incombente, che si appoggia sulla bocca dello stomaco quando guardo sul calendario i giorni che vanno oltre il 14 Aprile.

C'è il dubbio che bussa alla porta ogni volta che succede qualcosa di bello. Come se ormai, a decisioni prese, non mi fosse più consentito godermi le cose belle perchè tanto ho già scelto, ho già rinunciato.

Ci sono le opinioni altrui che mi crollano addosso, sia quelle che ho chiesto che quelle che mi sono arrivate tra capo e collo per quanto io cercassi di divincolarmi. Diventano bestie feroci che mi tirano giù con i loro tentacoli, mi impediscono di muovermi, di pensare, di respirare.

Ci sono i numeri che incombono, logici ed inequivocabili. Mi guardano inesorabili dal calendario, dall'estratto conto, dalla bilancia, dalla carta d'identità. Nella loro perfezione mi giudicano, me e la mia mancanza di creatività.

C'è la libertà che, come tutte le medaglie, ogni tanto mostra l'altra sua faccia, la solitudine. Mi ricorda che non c'è nessuna scelta che non comporti un sacrificio.

C'è il cuore che si gonfia e poi rattrappisce, esplode e poi si ferma, chiede e poi si chiude. Il cuore che vuole solo essere lasciato in pace, e però mi salta in gola appena può.

C'è un'armatura che non volevo, un muro che si alza. L'ho buttato giù ad ogni occasione eppure continua a salire, mattone dopo mattone. Ogni dolore un po' di calce, ogni delusione un altro centimetro.

C'è uno spirito più forte di ogni muro, che rimane fermo mentre tutto, intorno, cambia. 
E' immobile dentro di me ed immobile nelle sue convinzioni. Infrangibile, nonostante le critiche, le urla ingiustificate, le opinioni non richieste, i bastoni tra le ruote.
E' uno spirito sensibile, forse ingenuo, ma pronto, curioso, sagace. E' quello che mi suggerisce di rispondere "Scusa, allora sei mejo te".

Ad oggi, è la mia parte preferita di me.



Facciamocene tutti una ragione.

mercoledì 11 marzo 2015

Al tramonto


Succede che mi ricordo cose che ho detto, fatto o pensato e rabbrividisco. Mi mangio le mani, oppure vorrei nascondermi sotto terra, o tornare indietro nel tempo e prendermi a capocciate. In quel momento però sono sicura di aver avuto i miei ottimi motivi per dire, fare o pensare quelle cose che ora mi fanno venire la nausea al solo ricordo. Poi uno cresce, matura, si evolve e certe cose non le faremmo più, diventano inconcepibili, diventa strano anche solo pensarci. Quando ci rivengono in mente ci sentiamo stupidi perché non ricordiamo più cosa ci abbia spinti a farle, non riusciamo più a sentirci come ci sentivamo... non c'è cosa più difficile di provare a riprodurre un'emozione, una volta che se n'è andata.

A me ogni tanto capita di riuscire a sentirmi di nuovo come mi ero sentita una volta. Se mi impegno ogni tanto riesco di nuovo a sentire quel nodo alla gola che avevo prima di scendere dall'aereo a Portland. 
A volte ricordo esattamente com'era sentire la pelle d'oca e le mani che tremavano la prima volta che ho detto "ti amo". 
Se chiudo gli occhi posso tornare alle prime tre note di "With or without you" al mio primo concerto degli U2, alla gioia che era troppa e non mi faceva piangere e ho pensato di impazzire perchè ero troppo felice. 
Non dimenticherò mai il dolore sottile ma inevitabile di quando ti si spezza il cuore.
E, se mi concentro, riesco a sentirmi come mi ero sentita quando sono arrivata qui.

La sera tornavo ad un'altra casa, da un altro lavoro. 
Londra si calmava improvvisamente mentre camminavo, il sole scendeva lento, l'aria era sempre carica di aspettative: un pasto caldo, un sorriso, le promesse delle notti estive. I piumini che diventano giacche, le giacche che diventano magliette a maniche corte. Le porte delle case che si aprono e lasciano che il loro calore invada le strade per qualche secondo. Un amico, un abbraccio, le domande di circostanza che sembrano le parole più belle del mondo. La sensazione di essere dove devi essere, e che tutti questi "lavori in corso" stanno per arrivare alla fine, per portare dei frutti. Una birra, un sidro e sogni ad alta voce in un giardino d'asfalto. 
E poi scende la notte.

Stasera sono uscita a fare una passeggiata non appena mi sono accorta che il sole stava iniziando a scendere.
Il tramonto e l'alba sono i miei momenti preferiti della giornata: qualcosa inizia e qualcosa finisce. Il giorno e la notte arrivano sempre carichi di promesse, hanno sempre qualcosa da offrire,e a me piace tutta l'aspettativa che si respira.
Mentre camminavo ho pensato che devo tornare perchè sono mesi che non mi sento più come se fossi dove dovrei essere. E' troppo tempo che sono solo qui, lasciata al caso, in balia del vento. Sono andata lontano e non so come tornare indietro.
Ho paura e sono felice, ed è strano perchè è passato del tempo dall'ultima volta che ho sentito emozioni sincere venire da dentro di me piuttosto che da quello che mi succede al di fuori.

Penso ai tramonti mozziafiato su Roma, quando la luce sta per andarsene ed io torno a casa, con la pelle ancora calda da una giornata di sole e un vestito leggero che svolazza quando salto su per le scale. Sento il rumore dei piatti che mamma sta mettendo in tavola e papà che sposta la sedia per sedersi. Sento il sapore della birra fresca e l'immobilità dell'afa notturna. Sento una mano familiare che prende la mia, e una spalla su cui appoggiare la testa. 
La promessa di un'altra notte, e poi forse riusciremo a vedere l'alba.

Per momenti così vale la pena vivere.
Per viverli, torno a casa.




Mentre camminavo spunta l'arcobaleno. Lo prendo per un segno.





lunedì 9 marzo 2015

Le cose impossibili

Sarà che è lunedì. Sarà che per la prima volta in un mese mi sono svegliata con la sveglia e non da sola e senza stress. Sarà che da qualsiasi parte del mondo mi arrivano resoconti di giornate di merda.





Questa giornata si porta dietro una pesantezza d'animo di quelle che ti mandano a dormire alle nove di sera. Ti fa riconsiderare tutto quanto e ti sussurra che hai sbagliato tutto.

Sarà che io sono ipersensibile, perchè il presentimento di aver sbagliato un bel po' di cose ce l'ho già da qualche tempo.

Vorrei che ci fosse qualcuno in grado di spiegarmi perchè vogliamo quello che vogliamo. Forse sapere se è colpa dei deliri di onnipotenza, dei sensi di colpa latenti o di un ego smisurato aiuterebbe. Magari sapere perchè voglio le cose impossibili mi aiuterebbe ad estirpare il problema alla radice: cambiare quello che voglio.

Altrimenti mi servirebbe un modo efficace per far credere al mio cervello che ho semplicemente cambiato idea, che adesso voglio altre cose, più facili, più realistiche.

Qualche anno fa, quando la vocina guastafeste provava a suggerirmi che voglio le cose impossibili, la mia parte ambiziosa e ingenua rispondeva: "Perchè no? Perchè non io? Io posso tutto."
Io non posso tutto.

Le candeline sulla torta aumentano inevitabilmente, l'ingenuità si trasforma in cinismo e, piano piano, scendo a patti con la realtà: io non posso tutto. Non succederanno a me, le cose impossibili. Non so neanche perchè le voglio, le cose impossiibili.

Non voglio più aprirmi alla possibilità di deludermi ogni giorno.
Voglio aspettative più realistiche.
Voglio volere le cose possibili.


Come lo si dice al cuore, che deve cambiare idea?