lunedì 17 novembre 2014

Prima della tempesta


Una volta scrivevo per mettere sogni nero su bianco.
Poi ho iniziato a scrivere per tenere amici e parenti aggiornati sulle mie (dis)avventure.
Nel frattempo ho continuato a scrivere i suddetti sogni sotto pseudonimo.
Oggi scrivo perchè non so se quei sogni ci sono ancora, quindi li cerco sperando di riuscire a farli uscire a forza di domande. Se ci sono ho bisogno di vederli nero su bianco. Se non ci sono ho bisogno di sapere dove sono andati a morire.
Il fatto che poi grazie a tutte queste cose che metto nero su bianco io riesca anche a tenere aggiornati parenti e amici sulle mie (dis)avventure è soltanto una fortuita e piacevole coincidenza.


Qui in quel di Bounds Green, Londra, la vita procede tranquilla a suon di conti alla rovescia.
I miei migliori amici che vengono a trovarmi: meno nove giorni.
Le ferie: meno sei giorni.
Natale a casa: meno trentasei giorni.
Qualcosa di così intenso da farmi dimenticare tutti i suddetti conti alla rovescia: sto ancora aspettando.


Ho scritto tanto della solitudine, di quanto sia stato difficile accoglierla e poi accettarla e di come poi io l'abbia trasformata in un'armatura per impedirmi di buttare tutto all'aria e dover ricominciare da capo prima o poi. Per la cronaca, ho deciso che tutte quelle cose sono una marea di cazzate.
Ho sbagliato parola: non volevo dire "solitudine", volevo dire "calma".
E' stato difficile iniziare a vivere una vita calma, accoglierla e accettarla e poi trasformarla in una necessità assoluta per impedirmi di buttare tutto all'aria e di dover ricominciare da capo prima o poi.
Quindi da sei mesi vivo un'esistenza calma, piatta al limite del flemmatico, costruita su sveglie presto, corse mattutine, pranzi preparati il giorno prima e almeno otto ore di sonno a notte. Cose che mia madre in confronto è un animale da festa, cose che non racconti in giro per paura che ti chiedano il documento per controllare che tu non abbia 83 anni invece di 23.



Oggi ho scoperto che la calma mi ha rotto i coglioni.
Non che non mi piaccia pianificare o prepararmi con largo anticipo - quello succederà sempre. Sarò sempre quella che ad agosto chiede che facciamo a Capodanno e che arriva con un quarto d'ora d'anticipo a qualsiasi tipo di appuntamento. Non ci si può fare niente, ve lo giuro, ci ho provato, accettiamo tutti questa realtà e iniziamo a cercare di convivere con questa "angoscia" che vi infondo quando vi faccio notare che siete in ritardo. 
Però da stasera mi libero di quest'armatura di calma piatta che ho usato finora per proteggermi da qualsiasi tipo di cambiamento non strettamente necessario.
Gli ultimi sei mesi passati in pace saranno d'ora in poi da me ribattezzati "la quiete prima della tempesta", perché d'ora in poi cerco temporali, maremoti, fulmini e saette.






C'è una linea sottile tra essere soli e sentirsi soli.
Mi illudevo di esserlo e basta e invece ho dovuto ammettere che mi ci sento anche. Fa paura dirlo, fa paura scriverlo e soprattutto è terrificante ammetterlo a sé stessi, però dicono che piano piano aiuti a crescere e a diventare più forti. Io per sicurezza ogni tanto me lo ripeto, così pure se non fortifica almeno ho l'illusione che lo faccia.
E poi, chiunque abbia inventato il detto "meglio soli che male accompagnati" era una persona saggia.



Se non esistesse il senso dell'umorismo saremmo tutti perduti.
Se non potessimo ridere delle nostre stesse disgrazie nessuno si alzerebbe più dal letto.
Se non avessimo bei ricordi che ci fanno sorridere tra le lacrime non avremmo amici.
Se non vivessimo giornate intere con le lacrime agli occhi non cercheremmo mai di migliorare.



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