domenica 7 dicembre 2014

Pelle


Quanto tempo quotidianamente passiamo a farci delle domande. E no, questa non è una domanda, è un'affermazione (per una volta).

Se facessi agli altri la metà delle domande che quotidianamente faccio a me stessa potrei dire di conoscere la gente molto meglio, e invece mi concentro su di me e mi faccio un miliardo e mezzo di domande che non fanno altro che farmi sentire sotto pressione.

"Quanto è stato grosso lo sgarro alla dieta che ho fatto domenica?"
"Ma è veramente questo che voglio fare nella vita?"
"Se compro tre scatole di lamponi che scadono domani, ce la faccio a mangiarle tutte stanotte?"

Poi mi sveglio la mattina che mi rode il culo e c'ho pure il coraggio di chiedermi come mai.
Perchè invece di darmi la proverbiale pacca sulla spalla quando faccio qualcosa di buono, io lascio correre. Tristemente sono diventata una di quelle persone che ricorda tutte le cazzate che ha fatto, ma si dimentica delle cose belle. Mi sono trasformata in mia madre. Con me stessa però, mica con gli altri.
Le cazzate che fanno gli altri me le scordo sistematicamente, anzi: li giustifico sempre quando le rifanno - anche a costo di negare l'evidenza. E' un superpotere particolare, il mio. Si chiama "quantoseicoglionaMariachià".
Quando si tratta di me, però, fermi tutti. Apriti cielo. Non c'è scusa che tenga, le giustificazioni sono parole al vento, è come urlare contro il muro: non riesco a fare l'avvocato del diavolo quando si tratta di difendere me stessa, perchè conosco troppo bene le accuse. Quindi è una causa persa, ogni santa volta.
Quando si tratta di me, non c'è giudice più severo di me stessa.
E chi meglio di me sa farmi sentire in colpa?

L'intransigenza non paga.
Misurarsi con l'ideale della perfezione non paga.
Controllare tutto fino a raggiungere livelli ossessivi non paga.

Volersi bene paga, ma bisogna imparare a farlo. E' facile voler bene ad un corpo perfetto, accettare la cellulite è un'altra storia. E' facile vivere in pace con se stessi se si ha mente tranquilla, con le contraddizioni però bisogna sempre farci i conti. 
La perfezione è facile da amare, è con i difetti che bisogna fare pace

Prima ancora, bisogna ammettere di averceli.



La mia pelle ed io ci siamo sempre state antipatiche: ho quel tipo di pelle che non mi permette di nascondere niente.
Sono in imbarazzo? Arrossisco. Sono nervosa? Arrossisco. Sono emozionata? Arrossisco. Sono stressata? Bam!, orticaria.
Qualsiasi cosa stia accadendo sotto la mia pelle, io lo indosso anche sopra. La pelle che abito è in tutto e per tutto parte di me, e forse questo è il motivo principale per cui io e lei ci siamo sempre state antipatiche.
A pensarci, però, è follia pensare di poter vivere bene se non si riesce a sentirsi a casa nella propria pelle.



Potrò vivere fuori, trasferirmi in dieci nazioni diverse, essere cittadina del mondo.
La prima casa sarà sempre questa pelle, 
ed è qui dentro che voglio imparare a sentirmi a casa.



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