domenica 8 febbraio 2015

L'Età dell'Incertezza



Time Magazine ci ha battezzati "Millennials", la generazione del nuovo millennio che comprende tutti i nati dal 1981 al 1997. Sulla linea di demarcazione c'è ancora qualche dubbio: una generazione è tale quando ha una personalità comune o un'identità culturale largamente condivisa, se Time Magazine avesse ragione io e mio fratello faremmo parte della stessa generazione, quando invece di cose in comune io ne vedo poche, e le considero tutte causa del patrimonio genetico condiviso. Questo non toglie che continuano ad esserci, nel 2015, trentenni che si comportano come quelli nati nel 1997, ma questa è un'altra storia.

Ci sono tratti distintivi della Millennials Generation in cui mi rivedo completamente. Time Magazine ci chiama anche "Trophy Generation" per la nostra competitività spiccata, la voglia di vincere incontrastatamente e il rifiuto del concetto che la partecipazione sia in sé già una vittoria. Siamo una generazione che condivide tutto, troppo, si perde spesso e si lascia contaminare da quello che è disponibile allo scambio. Dicono che assomigliamo alla "Great Generation", i nati nei primi del Novecento, per l'attaccamento alla patria e il forte senso del dovere. Io dico che chi l'ha detto era alla disperata ricerca di qualcosa che confermasse la validità delle sue idee, quindi ha tirato un po' a casaccio.


Time Magazine ha detto che siamo la "generzione me-me-me", social network-dipendenti che non sanno godersi la vita reale, vivono a casa con mamma e papà e preferiscono inventarsi un lavoro che trovarne uno.





E' veramente una questione generazionale?
Siamo cresciuti in un'economia che cambiava troppo velocemente perchè potessimo stargli dietro, ci siamo diplomati durante la più grande crisi economica dei nostri tempi, viviamo (almeno noi italiani) in uno stato che non ci permette quasi di costruirci un futuro e ogni tanto non ci tutela neanche. Ci viene ricordato constantemente che là fuori c'è gente che diventa miliardaria perchè ha creato un'app, o girato un video porno, o si è ripresa mentre ingoiava una spada infuocata e poi ha messo il video su Facebook. Non possiamo non sentire il peso dei paragoni, e anche se riuscissimo ad ignorarlo, viviamo a casa con i nostri genitori: ce lo ricorderebbero loro.

Facciamo lavori che non capiamo per guadagnare soldi che non sappiamo gestire. Ci sentiamo sempre un po' troppo grandi per alcune cose e un po' troppo giovani per altre, ma non è una questione generazionale. E' che viviamo nell'età dell'incertezza, in cui un tweet può garantire celebrità istantanea a chiunque e i sintomi delle malattie si cercano su google invece che dal medico.



Questo articolo dell'Huffington Post mi è piaciuto, mi ha parlato e mi ha descritto in modi in cui io stessa non riuscivo a descrivermi. Parla di me che ho 23 anni, ma parla anche di tanta gente che ne ha 27, 19, 21. Parla di tutti noi, tormentati dalle aspettative e dall'ansia da prestazione che viviamo nell'età dell'incertezza, e che non cerchiamo altro che qualcosa a cui aggrapparci che sia sicuro, stabile e nostro.


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